23 maggio 2012
La periferia
Scrivo mentre ascolto Marracash, l'ormai noto rapper italiano nato e cresciuto nella periferia milanese. Il ritmo della sua musica mi arriva continuo e ripetitivo. Sembra fatto di suoni che mi cullano su e giù facendosi subito famigliari. I testi sembrano parole già sentite e forse anche dette. Raccontano più di un'emotività vissuta che di un tempo e di un luogo che ci appartiene. Quella periferia da cui proviene alla fine rappresenta quella stessa periferia esistenziale in cui molti ragazzi leggono la propria esperienza di vita. La periferia è tutta uguale. Non ha un centro d'identità, ma tanti luoghi nascosti e caratteristici che affeziona i propri abitanti. La periferia appare brutta dentro, ma è fatta di quelle ferite che ravvivano chi le ha vissute. La periferia è come una canzone rapper, un free stile di edifici che si susseguono sotto un cielo apatico, grigio e senza prospettiva. Dove il tempo è sempre lo stesso. Dove le parole escono libere come i ragazzi dalle proprie mura domestiche. Parole che ritornano e si ripetono come i ragazzi ritornano alla propria dimora attratti da un vincolo ricattatorio, dettato dalle condizioni del nostro tempo. La musica rap sembra essere la colonna sonora che più si adatta ad una generazione borderline.
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