17 marzo 2012

Estetica, apotemnofilia e anoressia

Di recente ho letto l'ultimo libro di Vilayanur S. Ramachandran, il noto ricercatore indiano già autore di saggi pieni di curiosità neuroscientifiche. "L'uomo che credeva di essere morto", il titolo del testo, non ha disatteso le premesse. In esso la disquizione di inverosimili casi clinici lascia il lettore con un profondo senso di perplessità e di stupore. Le possibili spiegazioni neuroscientifiche che lo scienziato cerca di argomentare facendo tesoro della propria esperienza di ricercatore neurologico, si seguono come la trama di un film pieno di eccellenti trovate che fanno rimanere lo spettatore letteralmente meravigliato. Nello scorrere le pagine del saggio ci si sente immersi in una realtà multidimesionale perchè multidisciplinare è l'approccio con la quale vengono affrontati i diversi argomenti in questione. In un primo momento si potrebbe dire che Ramachandran sbeffeggi teorie ormai considerate desuete come quelle psicoanalitiche. Non mancano stoccate ironiche nei confronti del povero Freud. In realtà poi ci si accorge che molte delle intuizioni dello psicanalista viennese trovano con il progredire delle ricerche una concreta base scientifica, cosa che tra l'altro lo stesso Freud aveva previsto e auspicato. Se si può comunque muovere una critica al saggio di Ramachandran è quello di essere a volte troppo risolutivo nel dare spiegazioni che, data la casistica limitata dei casi affrontati, necessiterebbero di avere un' accezione maggiormente ipotetca. E poi sarà anche per motivi divulgativi ma certe sue trovate sembrano funzionare a prescindere da tutto e da tutti proprio come se fossero delle pozioni magiche. Detto questo...anzi l'ultima stoccata è sulla cattiva abitudine di continuare a scrivere libri propinando capitoli già scritti nei suoi precedenti saggi come fanno altri autori. Il senso di tale scelta può essere giustificato dal bisogno di aggiornare il lettore su ricerche che inevitabilmente continuano ad andare avanti, ma spesso quello che si coglie è un' antipatica necessità puramente commerciale. Tuttavia non so se mi tirerò indietro nel prendere dallo scaffale di una libreria la sua prossima fatica. Come dicevo nei suoi testi si intersecano discipline che mi interessano in modo particolare. Tanto è vero che nel leggere "L'uomo che credeva di essere morto" mi sono ritrovato io stesso a fare esercizi speculativi che mettessero in relazione aspetti psicologici e conoscenze neuroscientifiche. In particolare mi ha incuriosito l'attenzione sull'area prefrontale ventromediale. Ramachandran ne parla quando affronta tematiche come l'estetica e l'apotemnofilia, un curioso disturbo neurologico. Sull'estetica ci spiega che all'evocazione di un'immagine visiva presiede per l'appunto la corteccia prefrontale ventromediale (cpfvm). Questa porzione di cervello è collegata con parti della corteccia temporale preposte al ricordo di immagini visive. Nel momento in cui un'artista o un appassionato d'arte si accingono ad esempio a dipingere o ad ammirare un quadro, si crea una relazione tra i propri ricordi e l'immagine evocata. Quando questa relazione diventa per noi soddisfacente, perchè ad esempio il nostro abbozzo si avvicina sempre più all'immagine desiderata, abbiamo un senso di gratificazione che coinvolge centri encefalici come i nuclei del setto e il nucleus accumbens. Sull'apotemnofilia Ramachandran chiama ancor in causa la cpfvm. Esso è un disturbo molto particolare e bizzarro in cui una persona normale sotto ogni punto di vista mentale desidera farsi amputare un arto per sentirsi più integra. La cpfvm riceve segnali anche dall'insula anteriore per generare la sensazione conscia di avere un corpo. Il neuroscienziato spiega che "insieme con parti della corteccia del cigolo anteriore, motiva il desiderio di compiere un'azione. Per esempio la discrepanza dell'immagine corporea che si riscontra nell'apotemnofilia viene rilevata dall'insula anteriore destra e ritrasmessa alla cpfvm e al cingolo anteriore per motivare un piano d'azione conscio..."finalizzato alla scelta ad esempio di andare in un determinato centro chirurgico a farsi amputare un braccio. L'insula parallelamente proietta all'amigdala che attiva attraverso l'ipotalamo la reazione autonoma preposta al cosidetto "combatti o fuggi". Insomma pur essendo tanto diversi tra loro, argomenti che trattano l'estetica e l'apotemnofilia alla fine hanno a che fare con l'immagine corporea ed entrambi scomodano un'area cerebrale come cpfvm. Ma quando si parla di immagine corporea è inevitabile pensare a disturbi come quelli alimentari. Nell'anoressia ad esempio c'è un'alterazione del modo in cui viene percepito il proprio corpo. Uno studio sperimentale ha cercato di evidenziare le aree cerebrali attivate in relazione a stimoli alimentari. Prendendo in esame diversi disturbi come l'anoressia e la bulimia con i loro relativi sottotipi, si è visto che si ha un'attivazione significativamente maggiore di particolari aree celebrali rispetto ai controlli (Uhrer et al.,2003, 2004). La cpfvm viene attivata in tutti i disturbi alimentari considerati, mentre altre aree lo sono in modo esclusivo. Dunque ci ritroviamo ancora una volta nello stesso posto, nella cpfvm come nel discorso sull'estetica e sull'apotemnofilia. Ogni ragionamento speculativo sembrerebbe venire spontaneamente. Certamente la cpfvm è un'area importante, preposta a diverse attività cerebrali. Ma trovare una correlazione tra argomenti tanto diversi soltanto perchè passano dallo stesso centro sarebbe come dire che tutte le persone che entrano nel medesimo negozio si relazionano a vicenda. Tuttavia pensare all'anoressia come ad una distonia del proprio senso estetico e come ad un desiderio di "amputarsi di quella parte di corpo", nel caso specifico dell'eccesso di peso, che mina il proprio senso di integrazione, è sicuramente stato da parte mia un curioso esercizio.

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