16 aprile 2010
NEL SONNO DELLA NOSTRA MORTE
Il sonno è considerato l'equivalente simbolico della morte. Nell'addormentarci passiamo da uno stato di coscienza ad uno d'incoscienza. Non siamo più in grado di pensare, di percepire noi stessi nello spazio e nel tempo. Solo nel sogno sembra aprirsi una finestra sulla nostra esistenza. La psicanalisi che ha saputo cogliere in modo sistematico e meglio di altre discipline quest'aspetto, considera i nostri sogni la via maestra per esplorare l'inconscio. I sogni sono la rappresentazione teatrale del nostro profondo ovvero della nostra anima che nell'oblio del sonno è libera di svelarsi senza i freni della vita terrena. Tuttavia è ancora difficile trovare una risposta definitiva, se mai ci possa essere, sul perchè dobbiamo addormentarci, su che cosa siano i sogni e sul grande mistero della morte. Una cosa certa è che non possiamo fare a meno di dormire e alla nostra ora, ahimè, neppure di morire. Sarà infatti capitato a tutti di passare una notte insonne. E' un'esperienza angosciante perchè ci si ritrova nell'incapacità di agire riguardo ad una situazione che riveste per il soggetto estrema importanza. Vivere una giornata senza aver chiuso occhio la sera prima vuol dire sentirsi costantemente in angoscia, esperire una vera e propria oppressione dello spirito. Ma allora se si vuole continuare a giocare facendo il parallelismo tra il sonno e la morte, appare evidente come anche l'esperienza del vivere possa diventare opprimente. Forse ad un certo punto della nostra vita nasce in noi il desiderio di non vivere più l'esperienza dell'angoscia. La morte ci risolleva da questo incubo come il sonno ci toglie tutte le fatiche della giornata passata. Rimane dunque il mistero del risveglio eterno. Forse ci ritroveremo nei nostri sogni, senza spazio nè tempo, nell'inconsistenza del nostro essere, come punti partecipi dell'infinito.
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