
Negli anni novanta Maurizio Costanzo dagli schermi televisivi ci diceva scandendo bene le parole:"vietato vietare". I dettagli dei motivi che l'avevano indotto ad usare un'espressione così forte e decisa non me li ricordo, se non vagamente. Ero ancora un ragazzino. Comunque si trattava probabilmente dei limiti che volevano imporre all'utilizzo delle pause pubblicitarie soprattutto durante i film. Da un lato c'era la televisione pubblica, sostenuta dalle tasse dei contribuenti, dall'altro quella privata che doveva basare i propri introiti economici sugli inserzionisti. Naturalmente come nella gran parte delle cose la via più ragionevole sarebbe stata quella della moderazione. La pubblicità doveva esserci, se non altro per questioni di sopravvivenza, ma opportunamente distribuita. Al di là di questi vaghi ricordi, che potrebbero senza troppi problemi essere anche sbagliati, il tema della pubblicità è del tutto attuale. Considerata da alcuni l'anima del commercio, a volte sembra quasi di vivere in una società che si muove proprio grazie alla pubblicità. Basta pensare che le case farmaceutiche utilizzano una quota rilevante delle proprie risorse per fare marketing. Si tratta sempre della solita storia, quella del cane che si morde la coda: per fare ricerca bisogna aumentare i guadagni e dunque le vendite. Ma il peso della pubblicità non riguarda soltanto la nostra salute. Sentivo poco tempo fa che un sito come quello di YouTube è in profonda crisi economica. Il suo utilizzo è del tutto gratuito per cui deve essere sostenuto dalle inserzioni pubblicitarie, ma non sempre queste risultano essere soddisfacenti. E' proprio il caso di dire che non è tutto oro quello che luccica. Sembriamo tutti contenti di navigare in internet con la possibilità di avere accesso ad un'infinità di siti in modo gratuito o per lo meno indipendente dai costi della nostra connessione. Ma senza i banner pubblicitari certi servi ce li scordiamo. La stessa google continua a svilupparsi grazie alla pubblicità e non solo per genialità dei suoi fondatori. Dunque sembriamo tutti alla fine vittime della persuasione di massa. I pubblicitari hanno vinto. Eppure non bisogna dimenticarsi di una cosa. Riferendomi soltanto alla situazione italiana, che però non credo essere l'unica, si può notare che lo sviluppo dell'informazione in rete gode di una particolare distribuzione di contributi pubblici. Insomma in questo discorso molto superficiale c'è una strada con due entrate, quella delle risorse pubbliche o se si vuole di un cosiddetto canone indiretto e quella della pubblicità. Quale sia quella più onesta io non lo so. Il risultato è che comunque un prodotto esiste non perchè viene acquistato, ma perchè viene guardato. Almeno finchè qualche bolla non scoppia.
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