
Nell'assoluta tranquillità di un ultimo giorno di vacanza, attorniato dall'aria fresca sotto il sole delle Orobie, mi sono meso a guardare due films. Il primo un cosidetto film d'autore, della serie dei racconti diretti E. Rohmer. Un regista che porta la telecamera in mezzo alla strada, che cura la scelta dei colori quasi con dovizia maniacale. I suoi personaggi hanno sempre la forza di riuscire a diventare famigliari. C'è un realismo in divenire nei suoi film che rende quasi sincere tutte le immagini. Ma è nei dialoghi che questa sincerità della vita quotidiana, scandita temporalmente come su un diario, si perde, si trasforma in qualcosa di fittizio, in un copione da leggere e regitare. L'altro film è "L'allenatore nel pallone due" con Lino Banfi. Qualche grassa risata non manca, sopratutto all'inizio, ma poi anche questa superficialità non riesce più ad emergere oltre la noia. Il film voleva essere un richiamo nostalgico del suo precedente, tanto è vero che ci sono situazioni, figure e personaggi che ripropongono i vecchi schemi. Il risultato è una soluzione priva di idee e scontata. Ma tutto sommato è forse quello che ci si poteva aspettare da un film che non puntava certo a girare i festival di mezzo mondo. Ma c'è invece un altro aspetto che emerge con maggior forza o meglio come elemento differenziativo dall'esperienza del 1984. Il clima è più torbido, l'atmosfera non è più sognante. C'è un mondo da controllare, dove la magistratura è in tribuna ad osservare le partite. Sembra quasi di sentire un certo richiamo alle polemiche politiche che hanno scandito gli ultimi decenni del nostro paese. Il film dunque pur nella sua bassa qualità riesce a dipingere un quadro che non si allontana poi così tanto da quello percepiamo o che ci vogliono far percepire.
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