
Il discorso di Barack Obama all'università de Il Cario è stato a dir poco memorabile. Neppure un Papa dalle migliori intenzioni poteva incantare la platea di ascoltatori con uno dei testi più ecumenici che si siano mai scritti. E' stato soprattutto un discorso di relazione tra due culture che possono andare avanti sovrapponendo ciò che condividono, i "medesimi principi e ideali, il senso di giustizia e di progresso, la tolleranza e la dignità dell'uomo". Obama è partito dalla sua storia personale, frutto di un'intersezioni non astiosa delle diverse culture religiose. Sì è fatto esempio di vita, quasi come se volesse assumere il ruolo di un Gesù del nuovo millennio. Ha preso su di sè i peccati del mondo, eredità di un'amministrazione politica che ha soltanto saputo riportare il mondo indietro nel tempo. Paragoni al suo discorso sono stati fatti dalla stampa di destra con quello che nello stesso luogo aveva fatto George W. Bush. Le intenzioni possono sempre essere le migliori e le parole più convenienti non sempre è poi così difficile trovarle. Ma mentre Obama fa un discorso di relazione, Bush ne ha fatto uno di condizioni sul libero mercato e sulla democrazia. Ma se i punti di arrivo vengono confusi con quelli di partenza non si sarà mai in grado di andare avanti. Ora la storia potrebbe seguire un nuovo corso in cui si inizierà a parlare di una pace calda. Ci sono mondi che si guardano, che capiscono che quella della pace è l'unica carta vincente, ma che inevitabilmente aprirà ferite dove non si vuole andare avanti. La pace sarà calda, fatta di conflitti dal significato incerto, più interni ai singoli stati che fra essi. Ma dal discorso di Obama in poi si guarderà lo spessore che portano le sovrapposizioni delle nostre comuni ricchezze culturali. Come tutte le medicine, bisogna aspettarsi degli effetti collaterali.
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