
Non posso dire di essere d'accordo con tutto quello che lo psichiatra Paolo Crepet scrive nei suoi saggi sui giovani. Dissento da diversi suoi punti di vista. Certo ha il merito di focalizzare l'attenzione su problematiche con la quale la maggior parte di noi ha a che fare. Rivolgendosi ai suoi pari, al mondo degli adulti, quello dei padri, degli educatori, degli insegnanti e delle altre figure di riferimento per i giovani, ammonisce che non sono capaci di ascoltare i propri ragazzi. In effetti l'ascolto è senz'altro qualcosa di importante perchè consegue l'instaurasi di un dialogo. E' la premessa per un rapporto più profondo. I ragazzi di oggi non sono poi così tanto diversi da quelli di ieri. Non chiedono di essere ascoltati per rendere gli adulti consapevoli di chissà quali misteri. Quello che vogliono i giovani è un rapporto essenzialmente dialettico con gli adulti perchè questo comporta una prova di crescita, un confronto con chi è già arrivato negli ambiti essenziali della vita. I padri non sono capaci di parlare con i propri figli. Quasi sempre sanno soltanto essere critici, focalizzando l'attenzione su aspetti il più delle volte marginali dei comportamenti dei giovani. Anche nelle scuole c'è una tremenda carenza di dialogo. I professori pensano soltanto al profitto di un ragazzo, al suo essere efficiente riguardo alle cose che ripetutamente insegnano. Ma nessuno si accorge che gli alunni non osano neppure più fare domande in classe? Quello tra adulti e giovani è ormai un rapporto di profonda mortificazione. Per gli adulti che continuano ad essere figure fuori dal tempo, con la loro paura del confronto perchè mettersi in gioco vuol dire saper scendere dal proprio piedistallo. Per i giovani sempre meno valorizzati e soprattutto denigrati da adulti che sanno soltanto rinfacciare il fatto che loro sono quel che sono senza tutti i vantaggi dei giorni d'oggi. Insomma il dialogo è importante perchè educare vuol dire condurre fuori. Per uscire bisogna essere responsabili e lo si è nel momento in cui si ragiona. Per ragionare lo strumento più ideale è quello dello sviluppo del dialogo. Un errore che molti genitori compiono è quello di dare un orario ai figli per rientrare in cacsa la sera. Se si arriva a questo punto vuol dire che c'è stato qualcosa nel processo educativo che non è andato per il verso giusto. La percezione del tempo, il rispetto per i ritmi della vita famigliare, la coscienza dei timori dei propri genitori sono elementi doverosamente acquisiti se si è cresciuti nel segno della responsabilità. Altro che mancanza di autorità e di regole, i giovani vanno semplicemente presi in considerazione. Bisogna comunque fare un distinguo tra le figure educative. Ad esempio gli insegnati devono saper trasmettere interesse ai giovani. Una lezione fatta con passione, con il giusto coinvolgimento, con entusiasmo, serve di più di chissà quale strumento didattico. I genitori devono esserci. La loro deve essere una presenza certa, in questo caso proprio sicura, con la quale poter sbattere letteralmente contro senza determinare perdite. I genitori divorziati sono un danno incalcolabile.
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