
Si dice che ci sia un diffuso senso di declino. In un recente sondaggio è risultato che la maggioranza delle persone è d'accordo con la seguente affermazione:" oggi è inutile fare progetti impegnativi per sè o per la famiglia, perchè il futuro è incerto e carico di rischi". Sul podio dei problemi urgentemente da risolvere ci sono quelli di carattere economico; si vuole l'aumento dei salari e delle pensioni, il controllo dei prezzi e la riduzione delle tasse. Effettivamente nell'ultimo periodo si è potuto palesemente percepire un bombardamento mediatico su queste tematiche. Non c'è telegiornale che non abbia iniziato con un grido d'allarme sull'aumento del costo della vita. La gente non è più in grado di spendere come poteva fare poco tempo fa e si deprime quasi come se avesse un senso di empatia per la depressione economica che si appresta a spegnere ogni tipo di entusiasmo futuro. La crescita delle persone ormai viene valutata in base alle possibilità di consumare. Se non si possono soddisfare i propri vizzi ci si sente frustati e si comincia ad avere una visione eccessivamente pessimistica del mondo. Ma questo diffuso senso di declino io invece, come forse altri pochi, non riesco proprio a percepirlo. Infatti io uso altre unità di misura che non sono quelle economiche per valutare se l'uomo stia andando verso una crescita del proprio benessere. E dicendo questo mi rendo anch'io conto di ragionare in termini capitalistici ovvero di continua crescita più che in termini evoluzionistici ovvero di continuo adattamento. Per me non ha senso parlare di declino quando già il tempo che passa è motivo di crescita perchè comporta l'esperienza storica. Con questo non voglio arrivare a dire che sarebbe sempre scorretto parlare di declino dell'umanità, ma sottolineare il fatto che in una società stabile come la nostra la conoscienza e quindi la consapevolezza può solo aumentare. Potrei ritenere in declino l'essere umano soltanto se dovesse ritornare per necessità ad una sorta di stato animalesco in cui le esperienze conoscitive non sono in grado di essere interiorizzate. Ma questa sarebbe paragonabile ad una situazione di deterioramento cerebrale collettivo come se ci potesse essere un'invasione di placche amiloidi generalizzata in ogni individuo umano. Non siamo più nella situazione in cui la scomparsa di una civiltà comporta la perdita dei livelli conoscitivi raggiunti da questa. Non siamo più nella situazione in cui una biblioteca bruciata ci spingerebbe a reinventare tutto. Grazie alla globalizzazione l'uomo ha posto delle solide fondamenta affinché ogni nuovo mattone del suo intelletto possa essere posizionato sempre al di sopra. Le informazioni che circolano attualmente sono talmente ricche, pur essendoci tutti i mezzi di falsa propaganda e vera censura che si vogliono, che anche il più ignorante dei menefreghisti dall'oggi al domani ha appreso qualcosa in più. Si, forse ci sono meno soldi e l'uomo è meno in grado di arricchire con tutti i suoi oggetti il mondo che lo circonda, ma dentro di sé il processo di crescita sembra essere proprio inarrestabile. L'uomo sbaglia a credere che si realizza se continua ad inalzare le sue torri di Babele, anzi è da quel crollo avvenuto in Mesopotamia che simbolicamente l'uomo ha capito perchè è un animale che si può arricchire.
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