
"Death of a president" è il contestato film di Gabriel Range in cui si fa finta, in un'epoca prossima futura, di documentare giornalisticamente l'omicidio di G.W.Bush. A tutti penso che possa apparire come una scelta narrativa molto stucchevole o meglio a chi, come me, considera sacra anche la vita dei più acerrimi nemici. Verrebbe quasi spontaneo storcere un po' il naso, se nonché, guardando il filmato, ci si accorge che non c'è nulla di particolarmente morboso. L'attuale presidente americano viene descritto in tutta la sua umanità, come un uomo che si ritrova a svolgere un ruolo decisamente critico. Statistiche alla mano, il rischio di essere vittima di un attentato di un presidente degli Stati Uniti d'America è del 20% circa, cioè uno su cinque muore o viene ferito sotto i colpi da sparo. Tuttavia c'è da dire che G.W.Bush ha portato avanti una politica dissennata che inevitabilmente ha contribuito a fomentare un odio viscerale nei suoi confronti. Ma è uomo in veste di presidente che come tale è destinato a lasciare il posto, quasi a morire, dopo la resurrezione avvenuta con la riconferma al secondo mandato elettorale. Infatti nel docudramma non c'è niente che possa far credere che il gesto folle contro di lui sia da biasimare. Da questo punto di vista la narrazione è fatta magistralmente nel più assoluto rispetto di una persona che viene uccisa. Appunto un uomo, più che un simbolo di una politica sbagliata per gran parte dei cittadini di tutto il mondo ocidentale e non solo americano. La sua fine immaginaria diventa dunque una drammatica esperienza personale, mentre la cultura di cui si è fatto paladino, sembra imperversare più di prima sotto le spoglie del suo successore vice presidente Dick Cheney. Come per il film italiano "Il Caimano", girato dal regista impegnato Nanni Moretti, c'è la forte critica e constatazione che certe persone hanno contribuito a creare un danno culturale alla società che sarà molto difficile da rimediare. La violenza diventa soltanto un modo per continuare a fomentarla e anche per nutrirla di continue ragioni. Il confronto culturale, il dibattito, l'informazione saranno invece i soli mezzi che riporteranno la democrazia americana ad essere paladina dei sani principi e valori dell'uomo moderno senza la retorica della guerra preventiva.
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