27 marzo 2007

SEQUESTRI CON RITORNO


Cinque talebani liberati, sembra che l'effetto dell'indulto italiano sia arrivato fino all'Afghanistan. Scherzi a parte, non c'è prezzo politico che tenga per la liberazione di un uomo il cui destino è quello di morire. Non lasciavano nessun altra trattativa i talebani; prendere o lasciare. Improponibili sono invece i confronti, rivolti per fare critica, con il caso Aldo Moro o, più in generale, con i sequestri di persona. Nel primo caso c'era il bisogno fondamentale di non dare assolutamente nessun tipo di possibilità al nascere di una metodologia terroristica finalizzata alla lotta contro lo stato italiano. Cedere avrebbe voluto dire incrinare le fondamenta democratiche all'interno del nostro paese. Sui sequestri al fine di estorcere denaro il divieto assoluto di pagare i ricattatori ha portato sicuramente a dei risultati. La situazione nella quale agire in questo caso è diversa perchè siamo sul territorio nazionale, quindi con una possibilità maggiore di stanare i criminali che certamente non troverebbero vita facile se dovessero lasciare oltre al rapimento anche dei morti. In genere essi stessi ritengono che sarebbe un prezzo troppo alto da pagare correndo il richio di commettere un crimine ancor più superiore per fare soldi. C'è nel caso dei sequestri in Afghanistan e in Iraq anche un problema di politica estera, nel senso che i sacrifici dei propri compatrioti sono poco tollerati da un opinione pubblica che vede sempre in modo dubitativo la presenza delle truppe italiane in zone dove il confine tra operazione di peacekeeping e di intervento militare vero e proprio è molto labile.

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