17 novembre 2017

Il treno di Matteo Renzi

Il simbolico viaggio di Renzi in treno ha fatto tappa alla Stazione di Lissone. L’uscita è stata accolta con compassato entusiasmo, senza applausi scroscianti, ma con una percettibile voglia da parte di tutti di fare gruppo, vederlo, toccarlo e seguirlo. Dal treno all’uscita della stazione il luogo è angusto, stretto, quasi inadatto alla sicurezza di chi ha provato a prendere in mano in modo serio, costruttivo, tenace e ambizioso le sorti del nostro paese. Ma non è di certo un tragitto fatto tra militanti e persone incuriosite di valutare  a pelle la propria stima verso il talentoso segretario del Partito Democratico che possono ostacolare una marcia convinta e decisa come quella di Matteo Renzi. Nel suo cappotto e nel suo portamento quasi altezzoso, si è fatto strada tenendo le mani in tasca come a voler celare per il momento la sua arte oratoria. E tuttavia si è fermato, ha sorriso, ha salutato e ringraziato a destra e manca tutti quanti creando fin da subito intorno a se un clima di cordiale rispetto. Curioso è stato il breve dialogo che ha instaurato con un gruppo di ragazzine ancora con lo zaino in spalla e probabilmente lì per caso in questa occasione. Tutte in piedi su una panchina l’hanno ascoltato con quell’aria di chi sa che sta per segregare il ricordo di un incontro da raccontare. La scintilla d’orgoglio nei loro occhi mi è parsa essere la metafora di una gioventù che sa ancora cogliere l’importanza di avere una guida che voglia ricondurci verso un futuro dignitoso. Si è poi per un attimo fermato sulla scalinata che porta alla piazza, ad ascoltare un paio di pischelli che gridavano del tutto fuori dal coro: Renzi non mollare! Non mollare! L’inflessione dei loro toni ha creato quell’attimo di attesa in cui si dà tempo ai dubbi di sedimentarsi. Matteo si è fermato, ha distolto a loro lo sguardo e ha ripreso ad andare avanti.
Io nel frattempo sono riuscito a farmi sotto, a non essere più alle sue spalle. Mi sono fatto coraggio e ho allungato la mano dicendogli: posso avere il piacere di stringerle la mano? (O forse gli ho dato del tu... non mi ricordo) Fatto sta che mi ha subito stretto la mano in modo convinto deciso, senza nessuna esitazione. Ha stretto la mia mano qualunque come avrà sicuramente fatto ai convitati del galà degli Obama. Mi ha salutato dicendomi buon giorno e qualcos’altro che mi è sfuggito e poi dicendomi subito ciao appena avrà fatto mente locale che ero un ragazzo come lui. E poi via ancora avanti con noi tutti intorno, entusiasti, ma silenziosi, quasi in attesa di un suo segnale che possa farci capire dove ci voglia portare in questa lunga traversata di liberazione del centro sinistra dalle proprie residue schiavitù ideologiche. La terra promessa sembra essere ancora lontana. La voglia di arrivarci è tutta tra di noi di stazione in stazione, lungo le rotaie dritte di un treno che ha per meta la presa di responsabilità del governo dell’Italia. Non sembra facile e anzi ogni giorno sembra che tutto possa deragliare. Ma esserne convinti è la prima cosa fondamentale per continuare a mantenere viva ogni nostra speranza. Avanti tutti insomma che la partita non è ancora persa. Il fuoriclasse tra l’altro è tra di noi. Un peccato sarebbe perderlo.

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