29 maggio 2015
Mia madre, Il racconto dei racconti, Youth.
Ho visto tutti e tre i film italiani che ha detta di molti avrebbero dovuto vincere per lo meno qualcosa al festival di Cannes. Se devo essere sincero, nulla di memorabile da parte di nessuno dei tre. Poi magari meritavano veramente di vincere perché comunque superiori agli altri film in gara che però non posso giudicare perché non ho visto e comunque ipotizzare una vittoria sulle mancanze degli altri non è che sia proprio il massimo dell'entusiasmo. Premetto subito che a me i film sono piaciuti al di là del fatto che i registi siano tornati a casa a mani vuote. Però in effetti non hanno lo spessore per essere per l'appunto premiati da una giuria come quella del festival di Cannes. Su Mia madre si può dire tutto il bene che si vuole, anche in modo affettuoso verso un regista che ha descritto magistralmente le nostre nevrosi politico sociali. Ma non è certo il suo miglior film, non è senz'altro innovativo e anzi, come dichiarato dagli stessi giurati, forse doveva essere scritto dieci anni prima. Il racconto dei racconti va valutato in termini di trasposizione narrativa per non cadere nell'errore di pesare troppo il giudizio sulla trama intrinsecamente inverosimile, di genere grottesco, fatta di storie di cui non sempre se ne comprende a pieno il legame. E poi c'è quell'effetto cartonato che in una trasposizione cinematografica con i mezzi del giorno d'oggi si fa un po' fatica a digerire. Tuttavia il tema di fondo c'entra il suo intento formativo. Ci sono aspetti come la bellezza, la giovinezza (anche qui), l'amore e la vita che non vanno snaturati, forzati o costretti perché a tutto c'è poi un prezzo da pagare. Youth di Scorrentino è per me un bel film, questo non lo metto in dubbio. Ma il regista forza troppo l'utilizzo di uno stile con la quale dopo il successo precedente sembra chiaro voglia identificarsi. Tuttavia non sempre narrazione, recitazione, dialoghi e immagini trasmettono la giusta sinergia che si trova a sprazzi e in poche scene. A volte sembra che si soffermi troppo ad auto compiacersi. La sensazione è spesso quella di essere di fronte ad una presentazione fatta con Windows xp: tutto bello, per carità, con certi paesaggi, ma la voglia di accelerare di qualche secondo il cambio di scena prende sovente piede. Sulle tematiche affrontate niente da dire. La giovinezza che il protagonista vive sta in un distacco dai condizionamenti interni ed esterni al proprio essere. Non indifferenza, ma presa d'atto che quello che possiamo dare nel tempo presente può essere nonostante tutto infinitamente ricco di significato. "Lei è sano come un pesce" gli dice il dottore. Fuori dal resort per ricconi tra personaggi sotto il peso della propria fama calcistica, sotto il peso della propria passata gloria da regista, sotto il peso di un ruolo del tutto improprio come attore, l'attende la giovinezza. "Fuori l'attende la giovinezza". Il protagonista è ora sano perché esce dall'inerzia che lo aveva contraddistinto. Non trattiene più le proprie emozioni soltanto per se in una carta stropicciata di caramella. Non rinnega il passato, ma non si fa più trattenere da ciò che fu. Torna a dirigere. Ritrova se stesso e si concede agli altri con stile, grazia e saggezza. "Lui lo sa che ci vuole ancora qualche secondo perché l'emozione lasci il posto all'applauso". In fondo lo fa soprattutto per lui. Ma è proprio quando siamo noi stessi che possiamo condividere la nostra ricchezza con gli altri. Lui ci dona la sua professionalità. Noi ne assaporiamo tutta l'emozione.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento