26 settembre 2010

L'inquietudine degli autistici


Il rosso e il nero sembrano colori tanto diversi da essere necessari l'uno all'altro. E questi sono i colori dei loro abiti, rosso per lei, nero per lui, nella loro ultima foto scattata insieme. Il bianco avrebbe rappresentato un contrasto eccessivo ed inesatto. Allo sfondo è invece destinato un colore amorfo fatto di un bianco dalla luce insignificante i cui contorni relazionali non vengono rappresentati. C'è una solitudine di fondo. La vita dei protagonisti scorre con spazi e tempi diversi rispetto a quella degli altri. I genitori si specchiano per ritrovare quel riflesso di loro stessi che non hanno saputo comunicare ai propri figli. Non sanno entrare nella loro tempistica, non sanno accettare il loro spazio decisionale. Guardano un quadro che ritrae tutta la famiglia con negli occhi l'inquietudine di chi non ha potuto fermare un incontrollabile divenire. Lui è ombroso, ostinatamente razionale. Sembra tagliarsi per cercare di sentire qualcosa. Lei fin da piccola urla per esteriorare tutto quello che ha dentro. Ma i loro sguardi per gli altri sono sempre freddi, distaccati, non comunicativi. C'è soltanto tra di loro un'affinità esistenziale, un senso che gli altri non possono cogliere, come se si muovessero in un altro mondo. Gli anni poi passano. Dopo che si erano ritrovati, lui aveva scelto di abbandonarla per seguire la propria carriera, lei era rimasta ferma ad aspettarlo forse come su quella panchina prima che il diluvio l'aveva probabilmente costretta a spostarsi. Passano altri anni, ben sette e lui appare ingrassato. I suoi pensieri cominciano a diventare più profondi, più istintivi, più sentimentali. Mentre lei appare anoressica, espressione fisica della volontà di spogliarsi di tutta la propria emotività. Il suo è un ritorno per cominciare a prendere relazione con gli eventi della propria vita, per iniziare a percepire un senso di colpa che può nascere soltanto nella considerazione dell'altro, per non rimanere solo anche a se stesso.

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