31 agosto 2009

IL CASO "AVVENIRE"


"Cribbio, mi hanno rotto. Prendi un Boffo qualunque e distruggilo". Di ritorno dalle vacanze passate all'estero, con ancora la sabbia tra le dita dei piedi, sfoglio le notizie per un frettoloso aggiornamento su quello che è successo in Italia. Il mare c'è ancora, quello immenso delle polemiche. Si parla del caso "Avvenire". A quanto pare il direttore de "Il giornale" ha esposto ai quattro venti una sentenza del tribunale di Terni che riguarda il direttore dell'Avvenire. Accuse pesanti, di quelle infamanti. Non potevano naturalmente seguire forti smentite per tacciare il presunto scoop di Vittorio Feltri come l'ennesima patacca in circolo sui giornali italiani. Ma sarebbe fuorviante fermarsi a pensare su dove possa stare la cosiddetta verità. Non è la questione più importante. In un paese dove il fine giustifica i mezzi, ogni metro di giudizio si basa per l'appunto sulla forza dei mezzi che si possono mettere in campo. Il fine potrebbe essere quello di ricordarci che c'è un potere mediatico in grado di svegliarsi dall'oggi al domani, prendere un Boffo qualunque e distruggerlo. In un paese come quello italiano, dove gli armadi sono pieni di scheletri, si tratta pure di un compitino troppo facile da fare. D'altronde anche gli elettori più convinti di Silvio Berlusconi giustificano qualche sua malafatta come qualcosa che accomuna tutti coloro che hanno saputo fare successo. Le colpe che si portano dietro gli italiani rendono così tutti perdonabili. Un Boffo qualunque potrebbe essere soltanto un capro espiatorio, quasi preso a caso, per ricordarci che sulla strada delle polemiche c'è qualcuno che può far procedere i propri carriarmati. Il risultato finale di tutta questa vicenda non sarà tuttavia lo scatenarsi di una guerra. L'importate è che agli occhi degli italiani al potere ci sia andato colui che più degli altri abbia saputo far maturare meglio i frutti dei propri peccati. Siamo nel paese dove la verità sta in quello che si possiede.

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