
L'incontro che un paziente fa con il proprio psicologo sembrerebbe svolgersi in un tempo limitato, definito a scadenze precise e in un orario seguito al secondo. In realtà tale incontro è soprattutto immaginario, ovvero avviene nella mente del paziente nel periodo che intercorre tra una seduta e l'altra. D'altronde lo psicologo non svolge il compito di dare delle istruzioni ad un individuo per poter uscire dai propri problemi. Questo è un aspetto che potrebbe riguardare una figura come quella del medico, con tutte le necessarie premesse del caso, che si ritrova ad istruire il proprio paziente sulla terapia che deve intraprendere. Nella più estrema banalizzazione della medicina si usano software informatici in grado di proporre una diagnosi e una terapia in base ai segni e ai sintomi inseriti. E' evidente che in ambito psicologico, pur rimanendo valido per certi versi lo schema-ho un problema, voglio sapere che cosa sia e voglio gli strumenti per risolverlo- una simile informatizzazione sarebbe non solo impossibile, ma eventualmente anche dannosa. Infatti verso la nostra mente si può avere soltanto un approccio di tipo olistico, perchè abbiamo a che fare con la complessità dell'esperienza umana. L'analisi di determinati comportamenti sbagliati, smuove all'interno di ognuno di noi, domande più profonde che riguardano noi stessi. Ecco dunque che l'elaborazione dei propri conflitti all'interno una struttura così unitaria e nello stesso tempo complessa, può avvenire soltanto attraverso un percorso sostenuto dal diretto interessat, che può realmente guardarsi dentro e conoscersi. L'analisi è dunque per definizione sempre un'autoanalisi e il proprio terapeuta diventa un appoggio, a volte un binario, sulla quale svolgere il proprio percorso di crescita.
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