09 agosto 2008

UNA CLASSE DI INDIVIDUI


Molto spesso le apparenze ingannano. Fanno dare un giudizio troppo prevenuto e il più delle volte viene appunto disatteso da un'analisi maggiormente accurata. Una situazione va vissuta al di là di tutte le possibili teorie per essere veramente capita. In un ambito come quello educativo il soggetto deve essere ogni singolo uomo o meglio bambino esistente e non la sua astrazione da poter incanalare secondo principi educativi da applicare categoricamente. Un padre che educa tutti i figli allo stesso modo non va bene. Se educare vuol dire "tirar fuori da ognuno il talento che ha", è evidente che si deve tener conto delle diverse sensibilità di ogni bambino. Con questo non voglio dire che non ci debbano essere regole, ma che il loro ruolo può essere visto come quello di semplici sponde sul percorso di crescita che esercita un individuo. I bambini sono molto più svegli e maturi di quello che si possa pensare. Lo sviluppo di una loro più matura responsabilità è proporzionale al loro grado di autonomia che è in funzione dell'esperienza. Detto questo colgo nel libro dello psichiatra Paolo Crepet qualcosa che non mi torna proprio. Egli racconta di essere andato a visitare una scuola monzese rimanendone particolarmente colpito perchè metteva già in atto quello che lui professa da anni. Si è trovato in una struttura pienamente attinente alle sue teorie. Peccato però che non sappia che questo tipo di scuola privata è il posto per chi non vuole fare troppa fatica. Le scuole monzesi dove cresce un individuo sono ben altre, non questa dove vengono parcheggiati tutti i figli di papà. Se il modello educativo perfetto porta ad una scuola di babbi, di paraculati, di ragazzi perennemente attaccati ad un cordone ombelicale, allora è evidente che qualcosa non va. Crepet bisogna dire che si salva almeno in parte, dicendo che non ha mai creduto in una scuola privata da portare come esempio perchè un istituto che opera una selezione sulla classe sociale è di per sè fallimentare.

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