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E' noto ormai da tempo che le principali malattie infettive, che ancora nei primi del '900 mietevano innumerevoli vittime, si sono drasticamente ridotte per il miglioramento delle condizioni igieniche. Dati alla mano si è dimostrato che l'introduzione dei vaccini hanno contribuito a eradicare una malattia come la tubercolosi che tuttavia si era già assestata con un tasso di mortalità dello 0'2 per mille. Altri esempi potrebbero senz'altro, lo dico sulla fiducia, dimostrare un ruolo molto più rilevante delle vaccinazioni. Forse è il caso di citare il vaiolo che è stato addirittura radicato. Ma di fronte al propagarsi di nuove infezioni, le cui soluzioni farmacologiche sembrano essere per ora soltanto ipotetiche, si è assunta la piena consapevolezza che per sconfiggere un virus non c'è niente di meglio che la prevenzione. Basti pensare al caso dell'HIV che ha spinto a fare una campagna di educazione comportamentale come probabilmente non si era mai fatta prima. Ancora si cerca di moderare o addirittura eliminare quegli alimenti che sono sospetti di portare nuovi tipi di agenti virali come nel caso della cosiddetta aviaria. Dunque in quei paesi dove permangono malattie infettive che per noi sono soltanto un ricordo del passato, una politica sanitaria dovrebbe puntare sul miglioramento delle condizioni igieniche con la realizzazione di adeguate reti fognarie, apporto di acqua potabile e maggior pulizia in generale. Purtroppo il terzo mondo sta conoscendo un incremento spropositato delle aree urbane. Città come Lagos sono passate in 30 anni ad avere una popolazione triplicata. Le conseguenze di questi fenomeni sono evidenti.
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