
Quasi sempre si parla in termini generali pensando che una propria sensazione o una particolare constatazione di fatto possa essere riportata in ogni situazione. Vorrei parlare del fatto che mi sembra che nelle università il pensiero di sinistra riesce soltanto ad essere radicale, eccezionalmente moderato nel senso di non porsi su scelte estreme. Ho presente la situazione nella mia università e mi viene in mente l'ultimo episodio accaduto recentemente in una facoltà in cui alcuni studenti dei collettivi di sinistra inveivano contro il presidente della camera Fausto Bertinotti. Il quale in una intervista successiva ha detto che purtroppo alcuni giovani della sinistra radicale non sanno che cosa voglia dire fare politica. Tuttavia ha ancora una volta sottolineato il fatto che è positivo che ci siano giovani che fanno della non violenza un principio inalienabile. Questo concetto è divenuto patrimonio comune di tutti quei movimenti che si sono dichiarati contro le guerre purtroppo esplose anche agli inizi del nuovo millennio. Dunque non sarebbe sempre corretto fare di tutto un erba un fascio, ma non essendo degli statistici si cerca per lo meno di stare nel piano delle sensazioni consapevoli che si sta esprimendo una propria opinione. Allora mi chiedo perchè nelle università italiane i gruppi studenteschi di sinistra riescono soltanto ad essere nella maggior parte dei casi radicali? Perchè quasi sempre non sembrano porsi in una posizione equilibrata sulle varie questioni che attanagliano l'opinione pubblica? Forse perchè è molto più difficile essere equilibrati, pur non negando tuttavia che ci sono questioni in cui le scelte da fare sono univoche. Sarebbe comunque molto più saggio non fare della propria combattività ideologica il motivo per essere sul piede di guerra in tutto e per tutto con chi in genere ci si dovrebbe confrontare. Come al solito è l'affermazione di una propria identità che spinge i gruppi di sinistra a trovare posizioni nette e decise, purchè opposte al nemico politico. E' significativo ad esempio il fatto che quasi sempre chi dall'opposizione passa al governo debba per necessità di cose accantonare le posizioni radicali, per lo meno nell'attesa di un ritorno tra la minoranza.
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