
Sto leggendo un libro della quale non sto capendo niente perchè richiama concetti di fisica troppo complessi. Tuttavia, oltre che ad apprezzarne alcuni pensieri riguardanti tematiche scientifiche, ne colgo il senso se non altro perchè palesato dallo stesso autore. Egli ritiene di essere sempre di più convinto che in fisica le leggi abbiano un origine collettiva. Nega la distinzione tra leggi derivate e leggi fondamentali, facendo notare che le leggi fisiche nonpossono essere predeterminate mediante l'analisi del semplice pensiero, ma devono essere scoperte sperimentalmente, perchè si ottiene un controllo della natura solo quando la natura stessa lo permette attraverso il pricipio di organizzazione. Per questo motivo parla di fine del riduzionismo, teoria secondo la quale i fenomeni divengono sempre di più nitidi man mano che vengono frazionati in parti sempre più piccole. Fa seguire tutta una serie di complessi esempi presi dalla fisica. Se penso in termini profani a me stesso posso considerarmi come un fenomeno emergente, il complesso risultato di una organizzazione, ma senz'altro dalle particelle che mi costituiscono non uscirebbe niente che mi possa nemmeno far immaginare. E' come se ottenuto un risultato continuassi a prendere in esame i singoli addendi perdendomi in un mare di possibilità senza riuscire ad andare avanti. Le contraddizini che emergono tra le teorie fisiche applicate su larga scala e a livello subatomico potrebbero assumere un significato e soprattutto avere una problematica diversa se si considera che non sono leggi che fanno il mondo, ma è il mondo che determina le leggi.
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