09 settembre 2011
La chiamata
O forse è meglio dire: le chiamate. Chissà perché debbo sempre pensare che l'estate sia una stagione in cui si faccia un repulisti generale, soprattutto dei rapporti umani. Il desiderio di cambiamenti, nella giusta misura non fa mai male. Ma rimanere quasi stupiti perché ci si sente chiamati prima per gli scacchi, poi per il lavoro e infine per il reparto fa sentire abbastanza paranoici. Naturalmente il tempo della perplessità è breve. Ci di rende subito conto che i propri timori non erano fondati. A scacchi non si capisce perché non debba più essere richiesta la mia disponibilità a partecipare a tornei di squadra. Al lavoro c'è oltre un contratto in sostanza a tempo indeterminato un rapporto relazionale ed educativo che ha tutte le premesse per dover continuare. In reparto e poi quindi anche in laboratorio non vedo perché debba venir meno la mia disponibilità. Sarà forse che avrò la coscienza sporca oppure una bassa autostima o chissà quali altri timori che mi facciano pensare al peggio possibile. Alla fine una separazione non deve per forza di cose essere definitiva, ma anzi può essere l'occasione di ritrovare se stessi, una propria individualità durante il periodo vacanzieri per poi riprendere insieme agli altri un rapporto costruttivo.
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