23 luglio 2011
ARMI, FEDE E COMPUTER.
Quello che è successo in Norvegia è sconvolgente. L'attentatore sembra un effetto collaterale della nostra società per diversi motivi. Di fronte alla solita incertezza che ormai pernia il nostro futuro, non appare nemmeno tanto strano che un ragazzo della cosidetta generazione mancata si ricopri di corazze ideologiche, convinzioni, certezze e rigidità di pensiero. Alla fine si tratta dei meccanismi di difesa che come in una catena di montaggio vengono ogni giorno rinforzati e sostenuti nella fragile testa, tutta da proteggere, dei nostri ragazzi. Il fenomeno probabilmente sta prendendo una maggior piega a causa della crescente prevalenza di quella definita come un' identità diffusa. Il richiamo va naturalmente subito all'utilizzo smodato dei social network. Sono ragazzi che non sanno più distinguere il loro essere dalle cose che utilizzano, che anzi molto spesso diventano una sorta di protesi irrinunciabili per avere una propria identità. Sono ragazzi che hanno tutto, che gli si ricorda di avere tutto! e di poter essere lasciati soli. Per non sentirsi persi non resta allora che compiere profonde operazioni di scissione. Da una parte c'è il male e da una parte il bene. Bisogna togliere dalla propria mente tutto quello che non serve, che fa male, distrae e confonde. Bisogna negare la propria nullità sentendosi come degli dei. Lo si fa agevolmente attraverso uno spazio a cui si può accedere praticamente con pieni poteri come in quello del web. Se poi si possegono anche delle armi il gioco è fatto. La follia più estrema è alle porte, sotto casa nostra, tra le nostre mura domestiche rendendo vana qualsiasi soluzione rivolta a creare maggior sicurezza. La soluzione, se mai ne possa esistere una, sta forse in qualche abbraccio in più.
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