

Sono passati ormai tre anni dall'inizio della guerra contro l'Iraq. Al di là delle cause più o meno inventate o di chissà quali interessi che hanno spinto gli USA e le sue forze alleate a combattere per sovverchiare il regime di Saddam Hussein, le coscienze dell'opinione pubblica da anni si sono sempre divise su quale potesse essere il metodo giusto per liberare una popolazione da questo terribile dittatore. Scegliere di fare la guerra si è rivelata una richiesta di condanna a morte, di sacrificio, di martirio a tantissime persone. La scia di sangue che ci lasciamo dietro sembra non terminare, scorrendo ancora come se volesse lavar via tutti i dubbi che avevamo sull'opportunità di fare o non fare una guerra per liberare il mondo da una minaccia e una popolazione da un dittatore. Chi era favorevole alla guerra dovrebbe aver capito che avrebbe dovuto esserlo mentre era là, in Iraq con la testa alzata a guardare il cielo e l'arrivo di una morte violenta alle spalle. Una guerra pone fine ad una storia, ma anche fine immediata alla vita di alcune persone, senza possibilità di riscatto.
iraq: tre anni di guerra
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